POVERE CREATURE di Yorgos Lanthimos, USA, UK, Irlanda, Film 141’, 2023

La speranza di vivere in un mondo più giusto, espressa negli occhi dei giovani protagonisti

Il film del regista greco Yorgos Lanthimos, “Povere Creature”, Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, irrompe sullo schermo cinematografico con il travolgente carisma della protagonista Bella Baxter, interpretata dall’attrice Emma Stone.

Lanthimos mescola commedia e tragedia, realismo storico e fantascienza; se lo scenario è quello europeo di fine ottocento, non mancano gli evidenti elementi steampunk e futuristici, così come i costumi estrosi, pomposi e bizzarri colpiscono per il contrasto con la cornice storica evocata.

In una sorta di romanzo di formazione Bella, creatura del professor Godwin Baxter (Willem Defoe), che gioca, come suggerisce il nome stesso, a farsi divino compiacendosi di peccare della massima espressione della ὕβρις greca, cresce, si evolve, si emancipa da una condizione di donna-bambina, permeata dal senso di inferiorità che la vede in condizione subalterna rispetto agli adulti, agli uomini che le girano attorno. Uomini sedotti forse da una certa disarmante inconsapevolezza, anche dei propri mezzi. La nudità, la sessualità diventa strumento di conoscenza e di consapevolezza, attraverso cui Bella fa esperienza del mondo, svelando le ipocrisie di cui la società vittoriana (non così distante da quella odierna) è permeata.

In conseguenza di ciò, chi amava la placida e mansueta inconsapevolezza della protagonista, primo fra tutti il personaggio interpretato magistralmente da Mark Ruffalo, si ritrova incapace di accogliere il cambiamento e la liberazione che ne è associata, rimanendo indietro, prigioniero della caricatura di se stesso.

Di facile lettura la spinta femminista che permette alla protagonista di affermarsi anche tramite il corpo e la sessualità, facendosi beffe di un machismo meschino e ridicolo, utilizzando il desiderio come strumento di conoscenza e liberandolo da limitazioni castranti, di evidente matrice culturale.

D’altra parte il regista greco cerca di uscire dalla dinamica alto-basso, superiore-inferiore, lo sguardo non è manicheo e le ambivalenze riguardano tutti, femmine e maschi; non mancano infatti personaggi maschili (primo fra tutti il “divino” Baxter che infine lascia andare la -non più- sua creatura) in grado di guardare, non giudicare, interrogarsi, evolversi e aprirsi, mettere in discussione clichè imbriglianti anche per il sesso maschile. Non manca dunque la prospettiva di una nuova quanto necessaria declinazione della cooperazione tra i sessi.